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Lavoro minorile: bambini tra il diritto e l’assenza dei diritti.

[caption id="attachment_1952" align="alignleft" width="300"]_R6H7888 Steve Evans (CC BY-NC 2.0)[/caption]

Amnesty International ha denunciato la schiavizzazione di moltissimi bambini nelle miniere di cobalto nella Repubblica Democratica del Congo. Questi piccoli minatori lavorano dodici ore per 1 o 2 dollari al giorno nell’estrazione del minerale usato per la costruzione degli apparecchi elettronici; le condizioni di lavoro sono disumane: vengono intimiditi, schiavizzati e costretti a lavorare senza l’equipaggiamento necessario alla loro sicurezza.

La Convenzione ONU sui diritti dell’Infanzia, all’articolo 32, afferma: è riconosciuto dagli Stati parti “il diritto del fanciullo di essere protetto contro lo sfruttamento economico e di non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale”.

Il documento giuridico citato si fonda su dei principi etici universalmente riconosciuti – come i diritti della persona – che vanno a formare una prassi, una consuetudine e si cristallizzano nel diritto: è ciò che tiene in vita la pace sociale, che garantisce il rispetto della dignità della persona e che permette – per dirla con Sant’Agostino – di non confondere lo Stato (o l’umanità) con una banda di ladri.

In questo caso, la realtà e la Convenzione sembrano procedere separate.

 

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Angela Rinaldi

CCP Research Assistant