La tutela dei minori non accompagnati: un impegno etico comune
Spesso i media riportano notizie riguardanti gruppi di migranti annegati nel Mediterraneo o morti per mani umane. Purtroppo ad aggravare tali tragedie vi è la quantità di bambini e ragazzi soli, morti o feriti gravemente a causa di violenze, attacchi a fuoco o incidenti avvenuti durante il percorso migratorio. Il loro unico desiderio: raggiungere l’Europa sperando in un futuro dignitoso.
L’esperienza migratoria dei minori non accompagnati non può essere banalizzata: vi sono alcune variabili importanti, che mostrano il fenomeno come un segno dei tempi e chiedono di definire il ruolo attivo di ogni attore interessato.
Spesso i minori non accompagnati risultano tra le vittime più ricercate dai trafficanti per diversi motivi: la loro vulnerabilità, la lontananza dalla propria famiglia e da autorità chiamate a tutelarli, il loro irrinunciabile progetto migratorio, il debito economico contratto dalle loro famiglie per un viaggio che costa caro non solo in termini economici ma anche umani. Infatti, Papa Francesco nel 2017 ha affermato: “mi sta a cuore richiamare l’attenzione sulla realtà dei migranti minorenni, specialmente quelli soli, sollecitando tutti a prendersi cura dei fanciulli che sono tre volte indifesi perché minori, perché stranieri e perché inermi”[1].
Il primo elemento su cui porre l’attenzione è la persona del minore, la cui vita cambierà per sempre in seguito al viaggio. Le esperienze vissute incidono sul suo sviluppo – umano, personale, sociale e psicologico – e ne forgiano il carattere contribuendo a costruirne l’identità personale.
Egli può raggiungere un livello più o meno alto di agentività e sentirsi o meno consapevole di essere un agente sociale attivo. Inoltre, sulla base di ciò, il minore ha la possibilità di sviluppare un certo grado di resilienza mediante la quale può confrontarsi con le esperienze negative che vive durante tutto il percorso migratorio, tra le quali annoveriamo il lavoro forzato, i maltrattamenti, gli abusi fisici e sessuali, il potenziale inserimento nei circuiti della tratta di esseri umani.
Arrivato a destinazione, il minore dovrebbe essere messo nelle condizioni di raggiungere la propria realizzazione personale nella società di accoglienza, la quale è chiamata a impegnarsi per il rispetto dei diritti fondamentali, per la formazione e l’assistenza della persona del minore in vista della sua autonomia nonché di un suo contributo futuro allo sviluppo della società di accoglienza.
Tuttavia, il minore non può lavorare da solo. Per questo, è fondamentale uno sforzo attivo della società civile, della Chiesa e delle nazioni di origine, di transito e di destinazione.
Questi attori sono chiamati a collaborare per offrire ai minori che lasciano forzatamente i propri Paesi tutte le possibilità di sviluppo e crescita in ogni ambito.
Ovviamente, non è possibile offrire delle soluzioni pratiche prestabilite ma potrebbe essere indicato strutturare in primis una base etica forte e comune a tutti gli attori e i contesti, che tenga in primo piano i diritti umani, il best interest e la tutela dei minori nonché la prevenzione di abusi, violenze e stupri che purtroppo si verificano durante tutto il viaggio verso l’Europa.
Successivamente ogni attore, nel proprio contesto e secondo le proprie prerogative, potrà offrire il proprio particolare contributo alla riuscita di una missione che è comune a tutti: far sì che ogni società diventi sempre più un luogo sicuro per i minori.
[1] Francesco, 2017, “Messaggio per la 103a giornata mondiale del migrante e del rifugiato. Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”. 8 settembre. Accesso 1/6/2018.
https://w2.vatican.va/content/francesco/it/messages/migration/documents/papa-francesco_20160908_world-migrants-day-2017.html